Come si svolge il counseling filosofico





All’inizio della consulenza viene definito il numero degli incontri (solitamente non superiore a dieci), sono chiarite le modalità di svolgimento della pratica e le aspettative di risposta. Viene preso in considerazione un tema alla volta, nel contesto del tempo e dello spazio in cui si manifesta.

Il counseling filosofico consente nel suo svolgimento di costruirsi attorno a ciò che spontaneamente emerge dai dialoganti, non avendo teorie specialistiche di riferimento e nemmeno metodi strutturati rigidamente.

Il consultante è libero di esprimersi. Può consegnare alla consulenza ciò che ritiene importante per sé stesso o per favorire una più ampia conoscenza del quesito di cui è portatore. Il mio metodo di lavoro prevede la possibilità di integrare il piano dialogico con letture (stralci di romanzi, canzoni, poesie, sceneggiature), scritti personali del consultante,  immagini, fotografie. Sono convinta infatti che ogni narrazione nella sua diversità abbia la capacità di donare al linguaggio parole nuove.

Dischiudere l’involucro che rende la quotidianità temporaneamente incomprensibile è lo scopo della consulenza filosofica.
Insieme scioglieremo i nodi che impigliano i pensieri. Solleveremo la neve dell’inverno per scorgere la primavera.

Il metodo utilizzato dal filosofo pratico per fare luce sul dilemma riferito dal consultante è simile all’architettura del padiglione della Gran Bretagna allestito a Milano in occasione di Expo 2015: un reticolato di acciaio riempito con lastre di vetro. Consentono dall’esterno di guardare all’interno, e viceversa, e di vedere da sotto chi sta sopra. Una pluralità di aperture inconsuete da cui poter osservare. Anche la nostra esistenza è simile a un reticolato nel quale le tante esperienze della vita si congiungono in un’architettura complessa. Se qualche tassello scricchiola, è bene occuparsene.

Oggetto della consulenza filosofica è il quesito del consultante. Il dilemma personale è esaminato dialogando in modo critico e razionale, esercitando il dubbio, l’argomentazione, il ragionamento, l’interrogazione, anche su ciò che a noi stessi o agli altri può sembrare ovvio o banale, proponendo punti di vista alternativi a quelli abitudinari del consultante, attingendo ai pensieri dei filosofi (ma non solo), dando corso alle domande che spesso accompagnano i momenti critici e cercando insieme le vie della risposta. Nell’esercizio della consulenza, la conoscenza delle filosofia non è necessaria. Ciò che si sperimenta, infatti, e su cui la pratica stessa evolve, sono i metodi che la filosofia mette a disposizione di tutti per sollecitare la riflessione, i modi del dire, il ragionamento, le decisioni della vita.

La conoscenza della filosofia non è necessaria.